Ti regalerò anche le rughe, dice Alfredo

Alfredo gira con dei problemi di cui non so niente, una banconota sporca e spiegazzata che neanche l’automatico della stazione di servizio prende. Troppi, e da tutte le parti, arrivano i pensieri. Le aiuole incontrate nel tragitto non si salvano da sole dalla plastica, potrebbero? Forme verdi che impongono un senso di marcia al traffico e alla passeggiata del cane, in fondo, inutile pensare alla salvezza dell’aiuola più grande: il mondo. Al destino, futuro, pubblicità progresso.

In tv si sente parlare di grandi possibilità che arriveranno guardando in prospettiva, buona parte della politica le vede già ma nel prossimo governo. Qualche business man prende una nuova tecnologia, la nasconde e la fa diventare, in segreto, la prossima rivoluzione. Le grandi opportunità sono a un passo, in un’era vicinissima che vedranno i nostri figli. Intanto piove sui tetti bucati, e i tetti bucati sono molti, da sempre. Alfredo ne ha viste di prospettive. E di gocce che filtrano. Secondo lui la vera rivoluzione è cambiare marcia senza strappi, togliere le macchie quando sono fresche, essere gentili. Tutto il resto è gambe in spàea e caminare!

Alfredo gira con gli errori del bene, quelli che non si capisce mai come hai fatto a farli e nemmeno come farai a pagarli, gira senza errori di concetto.

In tasca la carta di una caramella, senza la caramella. Solo carta colorata. Quando sente troppo rumore Alfredo la strofina tra indice e pollice per finire soprappensiero. Spegne la confusione programmata delle persone del suo quartiere. Sopratutto all’ora di punta. Le pause pranzo sono piccole guerre d’indipendenza sparse ovunque. Applica lo slow motion a chi ha fretta Alfredo, piazza degli specchi davanti a quel genere umano nervoso che tende a stare troppo vicino così che si veda e si spaventi, dedica un pensiero silenzioso a chi non ha trovato il senso sperando che quel pensiero, in qualche modo inspiegabile, venga sentito. In quel gesto, con quel fruscio, arreda un incanto.

Non è mica un mambo questo scivolare tra noi. Anche se si salta sparando sorrisi. La poesia spesso sparisce appena si apre bocca. La nostra promessa è come l’inizio di lavori abusivi che non si completeranno. Alfredo socchiude gli occhi contro il sole battente, paiono fessure di una vecchia tapparella intaccata dalla salsedine del mare di Mykonos. Chi se lo ricorda più. Chi l’ha mai visto quel mare, con una sola banconota sporca e spiegazzata che gira e rigira è sempre la stessa. Si può stare soltanto qua, girare la carta di una caramella.

Sfrega la carta di caramella e torna bambino, quello è il rumore del bambino. C’è la risata di una nonna troppo generosa, un premio che appiccica le labbra e macchia gli angoli della bocca da scartare di nascosto, lì nella piana. Sempre al sole inesorabile, una bicicletta arrugginita nascosta con dei rami di palma per non far scottare il sellino. Odore di erba fresca, nuvole che si spostano a gruppi portano pioggia inattesa. Un padre chiama suo figlio mentre guida il trattore al riparo, è ora di tornare a casa. Pulire la stalla, lavorare la cagliata, rimpinguare la legnaia.

Comete che finiscono nella testa, baci al vento tenuti fermi dal ricordo. Stagioni piccole come bottoni, a pensarle ora, bottoni d’oro che chiudono il petto di uomo che ha vissuto con poco. Nomi, quelli restano, di chi si è fermato prima. Lentamente cominciano tutti a ricordargli il suo. Restano tracce indimenticabili di vita: spavalderia, biglietti del treno, tornare bambini di cuore con i primi passi di un nipote, adrenalina, la mano nella mano nel buio del cinema “Odeon”, speranza, i sindacati e l’aumento del prezzo del latte, disperazione, mangiare con un prestito, routine, nostalgia, routine. Alfredo cammina diffidente. Non ha capito tutto questo cambiamento, né che bisogno c’era, se doveva portare a questo.

La felicità non ha prezzo ma costa sempre qualcosa, questo l’ha capito. Non ci rimane niente, non c’è niente che ci possiamo portare via, meglio regalare tutto.

Magna e bevi che la vita xe un lampo, diceva sempre suo padre a tavola a fine giornata, dopo aver legato con forza i covoni o aver sudato riunendo il pascolo.

Si ferma una gioia vanno avanti le altre. Ad Alfredo resta l’amore e la cura, per le cose, per le buone maniere, per un pezzo di storia di cui non si parla quasi più. E anche per quella donna, sorrisi imperfetti e gambe sul telaio della bicicletta, da cui ha avuto tanti incanti. A lei continua a regalare tutto ogni giorno, anche se non c’è. Si rade meticolosamente, lasciando la pelle liscia e profumata come quando lei poteva carezzargli la guancia e dargli la benedizione per andare a lavoro. Quando le rughe si distinguono nettamente posa il rasoio soddisfatto.

L’amor fa pasare el tempo e el tempo fa pasare l’amor.

L’incanto non è mai di troppo. Questa è la prospettiva di Alfredo. Tra un fruscio di carta di caramella e l’altro. L’altrove.

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Puoi leggere altro su Alfredo a questo indirizzo: https://www.fabiopinna.me/category/microstorie/dice-alfredo/

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