Puoi stare

Spengo il telefono, chiudo le persiane, in pausa i viaggi giornalieri, in un cassetto i biglietti metro timbrati della settimana. Andasse via la fatica come la polvere in un lavaggio a 60 gradi. Dimenticherei la vita, ma come si fa. A proteggersi dal male, dal troppo bene, dall’imprevisto.  Anche se riuscissi a dimenticare sarebbe tutto questo malloppo a non dimenticarsi di te. Sbircio dalle persiane, cerco il traffico, clacson e luci, segni di vita. Perché io sono così, più mi chiudo dentro e più vorrei guardare all’esterno con la speranza che qualcuno cerchi di forzare le barriere. Ma è un momento delicato per tutti mi dicono, quasi di sopravvivenza, sono pregato di scivolare inosservato nelle mie curve. Grazie. Ho l’impressione di essere stato affrancato, qualcuno ha deciso che posso ancora viaggiare. Soprattutto lontano. Andasse via la fatica del dopo come quella di dover pensare al dopo, facesse il suo decorso come una sbronza notturna in spiaggia con gli amici e la chitarra e le zanzare affezionate.

Stendo la giornata, mi arrendo e non so bene a chi ma sicuramente non lo merita. Gli occhi lucidi, l’ultima birra in frigo, le spalle che ho dato e preso. Niente per Scorsese. Sceneggiatura per i tuoi occhi sgranati e la mano sulla bocca, al massimo un paio di volte. Non posso guardare dall’altra parte, c’è quello che non voglio avere anche se voglio, ma non posso. Chiudo tutto, se c’è una X come nelle finestre del computer la troverò. Devo contare cosa rimane in mezzo al nulla, devo maledire speranze, tradire sorrisi sinceri. Devo sentirmi in colpa, il tanto giusto. Devo ancora farti come tu ti sei fatta me, per la prima e l’ultima volta. Negli occhi, dove c’è tutto quello che serve. I segni di vita, i muri di cinta da spaccare a mani nude e le ferite aperte da suturare. E portarti al mare.

Ho sbagliato a nascere troppo, troppo per i tuoi gusti, capita di non metterli d’accordo. Ma se mi hai creduto per un istante sai che siamo persi, fin dall’inizio. Non è negoziabile. Come un confine, l’anticipo di una guerra. Hai ragione, spegni il troppo. Perla tra pietre tu, cuore in mansarda io.

Vorrei dirti che… ma lo farò nel primo spazio libero dell’agenda. Bagnata di lacrime. Chiusa, adesso, come dolore che non basta ancora. Fuori è ancora tutto appeso al posto giusto, dentro non guardare. Zanzariera davanti al tuo cuore blocca una zanzara affezionata, lo sarò ancora. Altrove nel caos, di mille attimi distanti, traffico e porte chiuse. Sarebbero bastate due parole: puoi stare.

Come ti senti?

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Fabio Pinna

Autore e poeta. I miei libri sono scappati! Viaggiano verso librerie o sono sulle mensole dei lettori. Adesso sono di chi li vuole. Come queste brevi storie e flussi di pensiero da leggere in cinque minuti.

Una risposta

  1. Ci sta!
    C’è del Pinna, c’è il suo estro, c’è anima e sentimento come non mai.
    Tre note in particolare da brivido! Ne farò tesoro…

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