Un pensiero che cambia

Una storia facile, una di quelle che infilate in un libro vende migliaia di copie. Un ritornello così semplice che fa parte della tua vita e un giorno lo sarà di quella di tuo figlio. Come il gocciolare dal cielo, o un fiocco di neve silenzioso posato sull’altro. La piega che prende quel vestito e anche quel discorso. Da sempre e per sempre. Cose a cui ci si abitua presto. Come a quel futuro promesso di cui non si è mai proprietari o come alle cose che sono di tutti. Un tricolore, una piazza intitolata a un politico assassinato, una poesia che sopravvive sui banchi di scuola, una leggenda, l’atto di coraggio di un passante, un’incantevole melodia scritta per disperazione, i campionati del mondo di calcio vinti dalla nostra nazionale.

I nodi invece restano a chi li sa sciogliere, i conti restano tra le mani di chi è abituato a pagarli e la mia lacrima è un francobollo rarissimo che solo tu hai trovato. Resta sul palmo della tua mano. Piccola e bianca. Ha una storia senza sceneggiatura. Un personaggio già c’è, sono io. Sotto il bianco vene impossibili da seguire, sottili come i pensieri. Fuori, sul tappeto d’ingresso la scritta “BENVENUTO”. Ho più di un dubbio sull’utilità del messaggio, l’ho comprato solo per i colori. Non darmi tregua. Non farmi pensare, altrimenti nel pensiero sale più nostalgia per le persone che sporcano quel tappeto andando via che la felicità per quelle che timidamente cercano di non macchiarlo, le prime volte che arrivano.

Un garbuglio emozionato, eccomi, potrei anche posarmi sui tuoi momenti di transizione, infilarmi nei tuoi angoli più difficili proprio come polvere. Chissà, forse saprei anche restare, se l’emozione prima non mi porta via. Se la tua transizione ti lascia qui. Per sbaglio. No, non per sbaglio. Diventare personaggio protagonista.

I conti, dice il saggio, vanno fatti con quel poco che resta. Dunque attendo il tramonto, quello dopo ancora e ancora. Il tuo braccio molle nella mia parte del letto, il messaggio non letto, rincorse, tempi morti, scorte alimentari, trolley a spasso, selfie ricordo, sorpasso su doppia striscia continua, la colazione della domenica, un passo indietro su una qualunque cosa bella, guerra dichiarata al mal di testa, un mal di testa amico poi però fa sempre comodo, cornice nuova per una soddisfazione che devono vedere tutti.

Di tutto non resta che un’anima. Eccomi. Sai che una lacrima è un sogno da costruire da zero. E te lo dico così come si beve un succo alla pera: hai appena preso un futuro. Hai strappato via un buio dalla notte dell’anima e l’hai portato all’alba.

Sono un garbuglio di polvere e garbuglio di polverò tornerò, qualcuno avrebbe detto nel mio caso. Improvvisazione, svolte, precipitevolmente, ti porto con me in copertina, fumo negli occhi, ti amo ma al momento non saprei, sulle mie labbra la scritta BENVENUTA, torna domani. Di nascosto sei tutto ma nulla ti è nascosto. Sono cosa complicata, una di quelle che non può piacere a tutti e che spesso resta di nessuno. Una di quelle cose a cui non ci si abitua mai veramente. Un sassolino nella scarpa che stranamente non ti vuoi togliere, alle volte anche i sassolini sembrano importanti.

Sono un pensiero che cambia. Una lacrima che evapora se la porti all’alba. Un nodo che resta. A lungo andare un po’ meno stretto, per te, che provi a sciogliermi.

Delle volte respiriamo l’aria dell’altro, arriviamo fino all’odore che resta incollato ai vestiti e torniamo indietro a nasconderci dietro un dito, una penna o dei guai. Che viaggio. Andata con ritorno scontato. Un brivido da resuscitare, al terzo giorno, o comunque a rate, perché i conti vanno fatti con quel poco che resta. A te il mio pensiero che cambia. A me la luce tua.

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