Tra pace e realtà

Stagna la sera, sgocciola il tempo e si perde. Dalla lontana centrale sta arrivando l’estate, attraverso tubature strettissime. Aspettiamo tutti. Aspettiamo con la testa che si sporge dai balconi. Le sopracciglia sistemate in casa fanno parte del poco di noi che, fuori dalla mascherina, può ancora comunicare in pubblico. Aspettiamo con le serrande giù, occupando spazi virtuali che abbandoneremo appena possibile, aspettiamo con un dubbio giornaliero timbrato. Aspettiamo ogni goccia, che ora chiamiamo opportunità, con una sete vera. Ricominciamo a fare le cose che siamo, cose che il tempo ci ha rubato con il nostro permesso.

Sentiamo tutti i particolari. Il sassolino nella scarpa e il nodo nella tasca. Qualcuno vuole sapere di noi. Noi vogliamo sapere di noi. Adesso tutti vogliono sapere. Qualcuno sta svanendo. Osservo il piatto del microonde ruotare, si ferma sempre dove capita. Non ci avevo mai fatto caso. Se guardassi con più fantasia potrei vederci una roulette, una giostra, la vita. A volte le cose si fermano, per un po’, ti lasciano lì sul posto. Dove capita capita. Chiamiamo la sosta fortuna o sfortuna. In mano teniamo già il prossimo gettone da spendere e in testa la fatica dell’attesa. Più lo conti più costa, il tempo. Forse l’immaginazione la stiamo perdendo, le parole le stiamo amputando, gli abbracci dosando. Stiamo appesi come i panni, prendiamo il tepore delle giornate lunghe dalle finestre, speriamo che le mollette reggano la fatica dell’attesa. Non ci piace dipendere dagli altri e non ci interessa che è sempre stato così.

Risvegli fotocopiati, alla fine salta comunque sempre un battito, il dito sul telecomando spera in un futuro che ci venga incontro facendo il primo passo, come un vero innamorato. Vorresti poter chiudere la tua storia complicata con il telefono con un “è stato bello ma, vedi, al momento ho bisogno di altro”. Arriva una nuova notifica.

C’è troppo silenzio dato a questo petto, troppo silenzio esce involontariamente dagli occhi inquieti delle persone. Più lo conti più costa. C’è chi si allena e c’è chi no ma la forza, prima o poi, trema per tutti. In un tempo che pare pozzanghera e invece resta mare da navigare.

Un poco di noi è sempre esageratamente bastante, te lo dico, con le lacrime che devono andare e gli occhiali che scivolano. Siamo stati disarmati al momento sbagliato, tra pace e realtà, ma ogni momento sarebbe stato quello sbagliato. Ho 13426 giorni dietro di me e ne ricordo pochi, c’è qualche persona dietro il mio nome ma non sono tantissime, ci sono numeretti che cambiano ogni giorno sotto il mio nome nelle pagine social e sono persone di cui vorrei avere idea. Ho una solitudine tutta mia che mi fa sentire qualcuno e delle complicazioni che mi insegnano a fidarmi di me. Ho una media da mantenere che conosco solo io perciò dovrò superare anche il prossimo massimo, tra un minimo e l’altro. Ho rettilinei e curve a gomito non segnalate, qui dentro. E forse non basto.

Chiedo di te. Tu cosa hai? Un poco di te sarebbe un poco di noi, esageratamente bastante. Disarmati, l’arma siamo noi. Chiedo di noi. Dei giorni che stanno là davanti e oltre, dei sospiri lunghi, del sudore, quello bello, delle lavatrici notturne fatte per risparmiare su una unica bolletta, delle attese vane, chiedo dei numeri che possono essere scomposti in emozioni, di cose da aggiustare con calma, del precipizio che possono diventare gli occhi quando prendono a sorridere.

Stringi l’idea che non basterà mai. Mischiamo i numeri che possono essere scomposti in vita vera. Sentiamo tutti i particolari. E vediamo quanto dura questo momento, tra pace e realtà.

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