Dopo l’ultima curva

Carezzavo la terra seguendo il percorso di erbe aromatiche con il naso all’insù. Senza immaginare altre strade, altre salite o discese. Riuscivo a percepire quella forza capace di tenermi incollato alla terra selvaggia in cui son nato. La gravità ma leggera. Guardavo a lungo l’orizzonte, come si guarda un inizio, giocando a dare forme immaginarie al vuoto del vento. Quello che piega e dà un verso ad ogni cosa, qui, dalla nascita alla morte. Se fossi stata qui ti avrei detto cose che già sai, di come è doloroso e bellissimo vivere e del tempo perso a costruire castelli inespugnabili di sentimenti tra le forme fragilissime del vento. Del “manco per sogno” come proposito di mancare. Ti avrei fatto chiudere gli occhi senza dir nulla, aspettando. Semplicemente. Per farti riconoscere il rumore del mio vuoto, insieme a quella necessità del sentirsi inutili, a volte, la magia della grandezza del piccolo gesto che scatta, spontaneo, da un posto remoto del cuore.

Sei seduta su un muretto, sono le diciannove e hai ancora gli occhiali da sole sù. Ti sei dimenticata da quanto sei lì. Il tuo tram tram è un pellegrinaggio, il salto a ostacoli non è per sport. Hai una casa che ti aspetta, pronta a ucciderti i pensieri, per questo resti in bilico. Divincolarsi in spazi strettissimi prevede grandi doti e abilità. La determinazione a far sopravvivere il cuore può bastare. Il pollice gira nervosamente sulla chiave che apre le portiere dell’auto. Cerchi un pregio, una motivazione per cambiare, magari persa in una svista o in un affanno di troppo, provi un ultimo pensiero sperando ti doni. Invece lo vesti stretto. La sera guiderà i tuoi prossimi singhiozzi muti, gesti accorti, sorrisi a risparmio energetico prima dell’atteso sonno. Lo farà la sera, come sempre, e non tu.

Quindi non ti raggiungerò, maledicendo il caso e inspirando profondamente l’odore di questo vuoto selvaggio per rilassarmi. Non conterò la distanza in passi o chilometri, in modi di comportarsi o in concetti, sapendo che sarebbe possibile farlo soltanto utilizzando la misura dei sentimenti. Se coincidono non vi è distanza. Se non coincidono ognuno sta preparando le mosse successive mentre gioca ai pensieri suoi, quelli del prima o poi. Altrove. Prima o poi.

Abbiamo poca immaginazione, vediamo fino alla curva. Il resto esiste ma non va inserito nel preventivo, le eventualità non si possono quantificare. Giusto. Siamo tutti eventualità e ci fermiamo tutti abbondantemente prima della curva che ne nasconde altre. Eventualità che hanno paura di altre eventualità. Eventualità che hanno paura di immaginare fin da subito, durante e dopo. Fino in fondo. Oltre la curva. Ecco cosa siamo. Pronti a vendere tutto per un bel pezzo di strada in rettilineo. E poi. E poi.

Magari dopo quella curva ci siamo sempre noi, uno spicchio agre di tempo, parole difficili da dire, posizioni da assumere, cuori da far esondare. Per il viaggio. Fino alla prossima curva o fino all’ultima.

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